È noto dai tempi dei Babilonesi
e, didatticamente, dalle prime classi delle scuole superiori, che esiste una
semplice formula algebrica che ci consente di determinare le soluzioni di
qualsivoglia equazione di 2° grado:
e precisamente:
Formule algebriche, che
consentono il calcolo delle soluzioni di qualsiasi equazione di 3° e 4° grado,
furono "escogitate" nel XVI secolo da alcuni matematici italiani,
quali Niccolò Fontana, detto Tartaglia, Gerolamo Cardano e Ludovico Ferrari. I
matematici, invogliati dalle formulazioni algebriche dei loro colleghi o
costretti dai frequenti mal di testa delle rispettive mogli, tentarono invano di
proseguire il cammino intrapreso finché, alla fine del Settecento e agli inizi
dell'Ottocento, Paolo Ruffini e Niels Abel non decretarono la completa inammissibilità di soluzioni algebriche per equazioni dal 5° grado in su.
Pochi anni dopo questa scoperta,
il giovane, poco più che ragazzo, matematico francese Evaristo Galois, morto in
duello a soli 21 anni per difendere l'onore di una donna, risolse questo annoso
problema introducendo il concetto di gruppo di permutazioni delle soluzioni,
dove per permutazione degli elementi di un insieme s'intende la semplice
modalità di ridisposizione. Galois scoprì che i gruppi alterni, formati dalle
permutazioni ottenute con un numero pari di scambi, che contengono più di 4
elementi sono semplici, cioè "fattorizzabili" solo con se stessi e
con il gruppo unitario (costituito di un unico elemento). Da qui l'impossibilità
di trovare formule algebriche per risolvere equazioni di grado superiore al 4°.
Ma la teoria dei gruppi, una
volta avviata, non si fermò più e non interessò solo la matematica pura. A metà
dell'Ottocento Augusto Bravais, studiando i cristalli dei minerali, introdusse
il concetto di gruppo di simmetria, in cui particolari trasformazioni
geometriche, come le rotazioni nel piano o nello spazio, lasciano invariati
poligoni e poliedri regolari. Gruppi di simmetria particolarmente interessanti
sono quelli inerenti alle infinite rotazioni del cerchio e della sfera, gruppi
continui come quelli di Lie, che andremo ora ad esaminare.
Prima di procedere ecco un breve
excursus sul concetto di gruppo.
Un gruppo è un insieme non vuoto
G di elementi generici fra i quali è definita un'operazione binaria * tale che:
a) G è chiuso rispetto
all'operazione *, cioè se x, y sono elementi di G, anche z = x * y è un
elemento di G;
b) l'operazione * è associativa,
ossia se x, y, z sono elementi di G, si ha: x * (y * z) = (x * y) * z;
c) in G esiste un elemento unità
(neutro) e tale che, se x appartiene a G, si abbia: x * e = e * x = x;
d) ogni elemento x di G ammette
in G un inverso x' per cui risulti: x * x' = x' * x = e.
Ritornando ai gruppi continui di
trasformazioni, essi furono classificati, per la prima volta nel 1874, dal
matematico norvegese Marius Sophus Lie. Li possiamo definire come quei gruppi
continui di trasformazioni, che ammettono un sistema di coordinate locali
rispetto al quale le operazioni interessate sono analitiche.
Benché un gruppo di Lie coinvolga
operazioni analitiche, essendo continuo quindi infinito, è sempre possibile
delinearne gli elementi costitutivi specificando un numero finito di parametri,
peculiarità detta dimensione del gruppo. Il gruppo delle rotazioni del cerchio,
isomorfo al gruppo delle matrici unitarie U(1), ha dimensione 1, perché basta
specificare solo l'angolo di rotazione. Invece il gruppo delle rotazioni della
sfera, isomorfo alle matrici speciali ortogonali SO(3), ha dimensione 3, perché
bisogna specificare sia la longitudine, sia la latitudine che l'angolo di
rotazione.
In effetti la classificazione di
tutti i gruppi semplici di Lie portò alla definizione di 4 famiglie infinite,
formate tutte da gruppi i cui elementi sono matrici quadrate a N righe ed N
colonne, distinguibili in base alle proprietà di queste ultime e degli spazi in
cui "lavorano". Inoltre ci sono 5 gruppi, cosiddetti sporadici, che
non rientrano in alcuna delle 4 famiglie, chiamati G2, D4,
E6, E7 ed E8, aventi dimensione,
rispettivamente. 14, 52, 78, 133 e 248.
La teoria dei gruppi di Lie è
oggi il linguaggio che permette di esprimere le teorie unificate di campo della
fisica delle particelle e svelare tutta la loro bellezza. I fisici teorici
hanno scoperto che le forze elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte
rispettano particolari simmetrie di rotazione di fase dei campi, necessarie per
definire gli operatori di campo, detti anche operatori di creazione ed
annichilazione, di scambio di carica delle particelle e di scambio di cariche
di "colore" nei quark, e che le proprietà di queste simmetrie sono
descritti dai gruppi di Lie U(1) per il campo elettromagnetico (QED o
elettrodinamica quantistica), SU(2) per il campo nucleare debole ed SU(3) per
quello forte (QCD o cromodinamica quantistica). Le rispettive dimensioni di
questi gruppi sono 1, 3 e 8, corrispondenti al numero di bosoni (particelle
messaggere) che trasmettono queste forze: un fotone, 3 bosoni deboli (W+,
W- e Z0) e 8 gluoni.
Il primo tentativo di descrizione
matematica di queste simmetrie fu compiuto dal fisico cinese Chen Ning Yang e
dal fisico americano Robert Mills nel 1954, i quali adoperarono il gruppo SU(2)
per la descrizione di alcune simmetrie delle interazioni forti, anziché deboli,
come più tardi si sarebbe appurato, riassunta nelle celeberrime, per i fisici
teorici, equazioni di Yang-Mills.
Il secondo tentativo fu
effettuato dal fisico americano Murray Gell-Mann, all'inizio degli anni
sessanta, che utilizzò il gruppo SU(3) per la determinazione delle simmetrie di
sapore, anziché delle cariche di "colore", dei quark e che gli valse
il premio Nobel per la fisica nel 1969.
L'identificazione, alla fine
degli anni sessanta, di SU(2) x U(1) come gruppo caratteristico della teoria
elettrodebole da parte dei fisici americani Sheldon Glashow, Steven Weinberg e
del fisico pakistano Abdus Salam fruttò loro il premio Nobel per la fisica nel
1979 e spianò la strada ai tentativi di unificazione delle forze in natura
tramite teorie quantistiche dei campi che utilizzassero appropriati gruppi di
Lie. Voglio specificare che SU(3) fu
riclassificato, all'inizio degli anni settanta dallo stesso Weinberg e dai
fisici americani Frank Wilczek e David Gross, come il gruppo caratteristico
della cromodinamica quantistica, conosciuta con l'acronimo QCD, quindi come
gruppo di simmetria per trasformazioni che coinvolgevano lo scambio di cariche
di "colore" tra gluoni e quark.
In quegli anni si respirava
un'aria di crescente fiducia nella possibilità di usare i principi dei gruppi
di simmetria per sviluppare teorie sempre più ardite. La dimestichezza di
Gell-Mann con la teoria dei gruppi di Lie lo condusse a prevedere l'esistenza
delle cariche frazionarie dei quark, sebbene tutte le particelle note fino ad
allora possedessero carica intera. Quando, qualche anno dopo, gli acceleratori
iniziarono a fornire le prime prove evidenti dell'esistenza di queste
ipotetiche particelle, il trionfo di questa teoria in fisica quantistica si
palesò a tutti.
Finalmente i tasselli del gigantesco
puzzle, che risponde al nome di fisica delle particelle elementari, cominciavano ad incastrarsi bene e tuttavia i
fisici continuavano ad avvertire un sospeso disagio intellettivo, tormentati
dall'evidenza osservativa che l'universo fosse pieno di "assenza" di
simmetria, ad iniziare dalla differenza di massa tra particelle appartenenti
alla stessa famiglia: i fotoni, bosoni di massa nulla, vettori dell'interazione
elettromagnetica, ed il tripletto dei "pesantissimi" bosoni intermedi
W+, W- e Z0, messaggeri dell'interazione
debole.
Per queste particelle, previste
dalla teoria unificata elettrodebole, SU(2) x U(1), di Glashow-Salam-Weinberg,
la differenza di massa venne attribuita ad una rottura spontanea della
simmetria, avvenuta durante il processo di raffreddamento dell'universo
primordiale, così come accade con i magneti elementari delle sostanze
ferromagnetiche che, al di sotto di una temperatura critica, si allineano in
coppie che, gradualmente, si compattano in piccoli domini magnetici.
Alle altissime temperature
iniziali, subito dopo il Big Bang, le particelle erano essenzialmente identiche
e le interazioni deboli ed elettromagnetiche si manifestavano in un'unica
forza, trionfalmente verificata nel 1983 dal fisico italiano Carlo Rubbia,
premio Nobel per la fisica l'anno successivo. Il meccanismo di rottura della
simmetria però comportava l'esistenza del cosiddetto bosone di Higgs, demiurgo
della comparsa di particelle massive, in accordo con l'evidenza sperimentale.
Sappiamo tutti che questa questione è all'ordine del giorno nelle comunità dei
fisici che lavorano presso i più potenti acceleratori di particelle.
Il progresso verso l'unificazione
finale delle forze in natura transita dunque attraverso la determinazione di un appropriato gruppo di Lie che contenga il
prodotto SU(3) x SU(2) x U(1), teoria
divenuta nota come Modello Standard. Il minimo gruppo semplice di Lie, che
soddisfi matematicamente al requisito, è il gruppo SU(5), a 24 dimensioni, ma
non sembra appropriato fisicamente, perché apre questioni di non semplice
soluzione: la grande unificazione (GUT) basata su di esso prevede infatti
fenomeni dubbi quali un decadimento troppo veloce del protone e l’esistenza di
monopoli magnetici.
Il gruppo di Lie su cui oggi si
punta per una teoria unificatrice, che comprenda anche la gravità, mette in
gioco il massimo gruppo sporadico E8 combinato con se stesso: E8
x E8 e, avendo dimensione doppia di 248, prevede l'esistenza di 496
bosoni di campo, di cui sono noti soltanto i 12 già citati.
Una teoria unificata di tutte le
forze richiede certamente idee nuove e ardimentose. Un'eccitante possibilità
sembra derivare da un'insolita simmetria, denominata SUSY, da SUperSYmmetry
(supersimmetria), che trasforma i bosoni, i mediatori delle forze in gioco, a
spin intero, nei fermioni, quali leptoni e quark, di spin semi-intero,
costituenti fondamentali della materia e viceversa. Cercando di unificare
particelle con peculiarità così diverse, questa simmetria, oltre ad ipotizzare l'esistenza di partner
supersimmetrici da ambo le parti, fa intravedere anche la possibilità di
integrare la gravitazione con le altre forze esaminate.
Infine le più recenti ricerche
nel campo della fisica teorica prospettano la sostituzione delle particelle
elementari, come oggetti fondamentali, con entità unidimensionali chiamate
"stringhe", che "agiscono" in spazi pluridimensionali, un
quadro che farebbe entrare, se fosse vero, in una teoria di campo quantistica
anche la gravità.