Inizio questo viaggio dicendo che i neutroni, in un nucleo atomico stabile, vivono un'esistenza abbastanza tranquilla.
Al di fuori del nucleo, invece, essi sono instabili e decadono in un protone, un elettrone e un antineutrino elettronico con un'emivita di circa 15 minuti. Responsabile di questo processo è una forza che i fisici battezzarono debole. Essa è anche responsabile del decadimento dei muoni, una sorta di elettroni in sovrappeso altamente instabili, in elettroni e neutrini.
Nel secolo scorso, alla fine degli anni cinquanta e all'inizio dei sessanta, il proliferare, negli urti che avvenivano negli acceleratori di allora, di particelle non riconducibili a quelle note e dallo "strano" comportamento, portò un fisico americano, Murray Gell-Mann, a postulare l'esistenza di strutture all'interno degli adroni, come il protone e il neutrone, e dei mesoni. Egli chiamò queste substrutture quark, forse dal nome di un formaggio bavarese simile allo stracchino o, molto più verosimilmente, da un'oscura frase del Finnegan's Wake (La veglia di Finnegan) di James Joyce.
A quel tempo, per descrivere le particelle conosciute ne bastavano tre, u (up), d (down), s (strange). In realtà il numero di quark ammonta a sei; oltre ai menzionati, possiamo fare la conoscenza con top (cima), bottom (fondo) e charm (incanto). Il protone, ad esempio, presenta al suo interno tre quark con carica elettrica frazionaria, p = (uud), u = (2/3)e, d = -(1/3)e, con e valore assoluto della carica elementare, e il neutrone invece una struttura n = (udd). Un'altra particolarità dei quark risiede nel fatto che sono "colorati", cioè possiedono una proprietà chiamata “carica di colore”, la quale non ha alcuna attinenza con il concetto quotidiano di colore: ci sono quark u rossi, verdi o blue e così via.
In un adrone la somma dei colori deve essere neutra (bianca), mentre in un mesone i quark devono essere uno il complementare dell'altro (in una scala cromatica RGB se il colore è il giallo: R = 1, G = 1, B = 0, il suo complementare è il blue: R = 0, G = 0, B = 1).
I quark, all'interno di un protone o di un neutrone, sono liberi di muoversi, proprietà chiamata libertà asintotica, seppure confinati in esso, perché una forza, la cosiddetta forza forte, fa sì che non evadano.
Ora cosa postulò Nicola Cabibbo? Egli dimostrò, nel 1964, che anche i quark sono autofunzioni dell'interazione debole, mentre prima si distinguevano i leptoni, elettroni e muoni come autofunzioni della forza debole e i quark di quella forte.
Un'autofunzione è una particolare funzione che, tramite un operatore si trasforma in se stessa moltiplicata per uno scalare. Per avere un'idea del concetto di autofunzione, immaginiamo di potere ingrandire un disegno (autofunzione) con un pantografo (operatore), che risulterà diverso solo per le dimensioni, il rapporto (autovalore) è il coefficiente moltiplicativo.
Allora se i leptoni e i quark sono le sorgenti dell'interazione debole, si ha che:
1) l'accoppiamento degli elettroni al campo debole è proporzionale ad una carica debole g1;
2) l'accoppiamento dei muoni è proporzionale a g2 = g1;
3) l'accoppiamento dei quark (u, d) è proporzionale a g3;
4) l'accoppiamento dei quark (u, s) è proporzionale a g4.
L'ipotesi di Cabibbo fu che l'interazione debole fosse universale, cioè che un solo parametro, la costante universale di Fermi G, descrivesse l'accoppiamento del campo debole a leptoni e quark:
G = g12 = g32 + g42,
da cui si ricava:
g3 = g1 · cos(θc) e g4 = g1 · sin(θc).
Quindi
i quark sono anche autofunzioni dell'interazione debole, se considerati
come un doppietto composto dal quark u e da un nuovo quark d',
combinazione lineare dei quark d ed s:
d' = d · cos(θc) + s · sin(θc).
Questa
combinazione corrisponde ad una rotazione che conserva le grandezze in
gioco; l'intensità dell'accoppiamento dei quark con il campo debole è la
stessa dei leptoni. L'angolo di rotazione θc è chiamato angolo di Cabibbo ed il suo valore vale: sin(θc)
= 0.220 ± 0.002. Quindi, se la probabilità di decadimento di una
particella in un'altra è proporzionale al quadrato delle varie cariche
deboli, si ha, per esempio, che un quark u ha molte più chance di
trasformarsi in un quark d che, nello stesso processo, di diventare un
quark s.
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